23 mar 2012

ARTICOLO 18, LICENZIAMENTI PER RAGIONI ECONOMICHE E DISCIPLINARI

Sui licenziamenti si volta pagina, con tre diversi regimi che si applicano per tutti i lavoratori, non solo per i neoassunti. Per i licenziamenti economici, se giudicati illegittimi, il giudice ordina il pagamento di un'indennità risarcitoria omnicomprensiva compresa da 15 a 27 mensilità.
Per i licenziamenti disciplinari il giudice deciderà tra reintegrazione – solo nei casi più gravi – e indennizzo, sempre tra 15 e 27 mensilità. Per i licenziamenti discriminatori è invece confermato l'attuale apparato sanzionatorio dell'articolo 18, con il reintegro obbligatorio disposto dal giudice a prescindere dalle dimensioni dell'impresa.
È questo lo schema contenuto in un documento di 4 pagine illustrato alle parti sociali dal ministro del Lavoro, Elsa Fornero, che prevede la riscrittura dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che dal 1970 fino ad oggi ha disciplinato il sistema sanzionatorio per i licenziamenti illegittimi – perché senza giusta causa o giustificato motivo - nelle unità produttive con oltre 15 dipendenti, prevedendo il reintegro obbligatorio, o su scelta del lavoratore il pagamento fino a 15 mensilità.
Su questo schema i sindacati si sono detti sostanzialmente d'accordo, ad eccezione della Cgil, anche perché temevano un "piano B", molto più drastico nei contenuti, che secondo quanto riferiscono stabiliva l'indennizzo per i licenziamenti disciplinari ed economici e la conferma del reintegro obbligatorio per i licenziamenti discriminatori.
Iniziamo dai licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, dettati da motivi economici, cioè legati alla riorganizzazione del lavoro, dell'attività produttiva (come la soppressione del posto di lavoro dovuta all'introduzione di nuovi macchinari). In base all'articolo 18 è prevista la reintegrazione più il risarcimento danni, con il pagamento della retribuzione e dei contributi previdenziali dal momento del licenziamento fino alla sentenza, con ulteriori 15 mensilità se il lavoratore rinuncia alla reintegrazione.

Due le novità: non è più il lavoratore a scegliere tra le due opzioni (che diventa una sola, l'indennizzo), inoltre si introduce «un'indennità risarcitoria omnicomprensiva» compresa «tra un minimo di 15 e un massimo di 27 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto». La somma da pagare sarà modulata dal giudice che dovrà specificare la motivazione della scelta, tendendo conto delle dimensioni dell'impresa, dell'anzianità di servizio del lavoratore, delle iniziative che ha assunto per la ricerca di una nuova occupazione.
Il licenziamento economico oltre 5 dipendenti, invece, è disciplinato dalla legge 223 del 1991, e ha una procedura differente: l'accordo con il sindacato fa scattare la mobilità per 2 anni per il lavoratore, altrimenti il datore di lavoro può licenziare secondo criteri che penalizzano i più giovani, privi dei carichi di famiglia.

La disciplina cambia anche per i licenziamenti disciplinari, ovvero nei casi in cui il giudice accerta l'inesistenza del giustificato motivo soggettivo (abbandono ingiustificato del posto di lavoro, reiterate violazioni del codice disciplinare, minacce) o della giusta causa (rifiuto reiterato e privo di giustificazioni di eseguire una prestazione, sottrazione di beni aziendali, condotta extralavorativa con rilievi penali) per non aver commesso il fatto contestato, o perché non è riconducibile alle causali punibili previste dai contratti collettivi di lavoro. In questo caso il giudice condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria fino a un massimo di 12 mesi di retribuzione (con il versamento dei contributi). In alternativa il giudice può disporre il pagamento di un'indennità risarcitoria omnicomprensiva da 15 a 27 mensilità, tenuto conto dell'anzianità del lavoratore e del comportamento e delle condizioni delle parti.

Infine per i licenziamenti discriminatori (ragioni politiche, religiose, razziali) resta confermata l'attuale copertura dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori; il giudice ordina il reintegro a prescindere dalla dimensione di impresa, anche se sotto i 15 dipendenti, esattamente come è avvenuto finora.
fonte: il Sole 24 ore, da rassegna stampa cciaa.

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