27 feb 2011

COMMERCIO E ARTIGIANATO IN PUGLIA

L'obiettiivo dell'iniziativa è espressa dalla volontà della regione puglia di avviare una riflessione di natura strategica sul ruolo del commercio nell'economia pugliese e in particolare sul rapporto tra commercio e territorio.Uno degli obiettivi degli stati generali del commerico è quello di far comprendere l'importanza del commercio come settore economico rilevante per l'economia pugliese.
Durante il convegno della Confcommercio tenutosi a Mesagne (BR), nel 2010, sono stati  realizzate diverse interviste ad esperti sui temi degli stati generali, 
L'avv. Loredana Caponi, vice presidente della regione puglia, si pone delle domande: "che tipo di commercio vogliamo,all'intenrio della nostra puglia?
   Riassumiamo il suo intervento:"La  prima tappa è il rapporto con il credito, i commercianti,avevano pochi sostegni socilai, gli artigiani invece avevanio tutela. L'Artigiancassa infatti ha rappresentato uno strumento di tutela in questi anni per l' artigiano; l'artigiano che voleva aprire un'attività aveva la disponibilità di Artigiancassa per farsi un mutuo, anche quando non aveva le garanzie per rivolgersi ad una banca. Aveva una sorta di istituto di credito e sapeva di poterci contare.
Finalmente con il Titiolo 2 degli stati generali, è stata superata questa discriminazione che c'era tra artigiani e commercianti. Gli incentivi del Titolo 2 per le microimprese e per le piccole medie imprese sono sino  a 600mila euro di investimento, finalmente estese anche ai commercianti"
Alla base c'e il concetto secondo cui i commercianti in puglia sono indispensabili , e indispensabile è la loro tutela,perchè quando un soggetto decide di aprire una proporia attività si deve garantire la possibilità concreta di aprire quella attività. Ma ciò vuol dire anche che quella persona che vuole investire deve avere una serie di servizi per le imprese per investire, deve avere un piano all'interno del quale deve investire.

Il problema del lavoro nero nel settore terziario,
E aggiunge: "Sappiamo che il tasto del lavoro nero, è un tasto delicato per il commercio, perchè da una serie di indagini emerge come ci sia una diffusione di lavoro nero,ossia di lavoro dichiarato in modo diverso da quello che è all'interno del settore terziario.
questo perchè abbiamo una difficoltà che si chiama piccolissima impresa, che deve  contemporaneamente avere diritti tutelati dei lavoratori, e nessun diritto da parte dell'imprenditore. cioè il piccolo imprenditore del commercio è sostanzialmente un lavoratore che non ha alcun diritto come lavoratore, diverso da chi ha più di 15 dipendenti, che ha una serie di anmmortizzatori sociail, per cui se va in crisi puo dire"i miei lavoratori sono difesi, non mi assumo la responsabilità delle loro famiglie. 
Nell'artigianato, nell'industria è molto frequente il caso di aver più di 15 dipdendenti, nel commercio invece è rarissismo aver piu di 15 dipendenti, tranne  per le grandi distribuzioni di vendita.
allora occorre uno strumento per uscire dal lavoro nero, senza costringere l'imprenditore a rischiare il fallimento solo perchè ha deciso di assumere una persona.
Chi ha uno  o due dipendenti, chiede di fare più dell'imprendite, di assumersi il richio dell'impresa senza avere nessun vantaggio perchè quando si chiede al lavoratore di lavorare anche la domenica,  gli hai chiesto di fare un sacrificio".
In tal modo,non si può escludere dalla vita sociale un lavoratore altrimenti non sarà più un lavoratore ma una persona depressa, perchè lavora 7 giorni su 7  senza la, possibilità di stare con la propria famglia e nel suo ambiente di vita sociale.
 Fonte: Il Commercio.Un prsente,molti futuri. Una riflessione sul commercio in puglia, Iscom group, Bologna, pp27-42.
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16 feb 2011

IL FEDERALISMO

Si fa un gran parlare di Federalismo e della necessità di decentrare l’amministrazione per porre un rimedio alle disfunzioni di uno Stato accentratore. A chi si avvicina superficialmente al problema tutto ciò può apparire una novità o una proposta formulata di recente. In effetti la questione, se non appare vecchia quanto il Mondo, ha
però creato un vivace dibattito sin dagli anni precedenti il processo di unificazione dell’Italia.
Tali tentativi furono considerati e discussi nei primi decenni unitari, ma presto accantonati e successivamente dimenticati.
Al centro di ogni concezione federalista, c'è il nostro Meridione, che veniva  dipinto come immaturo socialmente, arretrato civilmente ed economicamente, allontananto le possibilità di autonomia amministrativa. È ancora il nostro Sud, l’ispiratore delle attuali proposte della legha del Nord di Federalismo tendenti all’assunzione di precise responsabilità da parte della nostra classe dirigente, troppo spesso inadeguata.
Il Meridione è chiamato ad una svolta storica che, speriamo, le forze sane e le energie positive che ancora sussistono sappiano cogliere ed utilizzare.
Origini storiche del federalismo
James Bryce
Come per la maggior parte delle teorie politiche, anche quelle sul federalismo vennero delineate per la prima volta da due inglesi: Albert Dicey e James Bryce.
Questi identificarono due condizioni fondamentali per la creazione di uno stato federale: l’esistenza di un gruppo di nazioni “vicine per luogo, storia, razza e capaci di portare negli abitanti uno spirito di nazionalità comune" unito al desiderio di unità nazionale, ma al tempo stesso anche una forte determinazione a mantenere l’indipendenza di ogni uomo come di ogni Stato separato”.
Ma ciò in verità, non ci dice ancora nulla su quale effettivamente sia la natura del federalismo.
Per focalizzarla meglio risulta necessario porre a confronto le “federazioni” con le “confederazioni”.
Entrambe provengono da un patto, tra Stati che ne sancisce una sorta di alleanza.
La confederazione però consiste: nella creazione di organismi politici centrali che hanno la funzione di prendere decisioni su questione di comuni interesse tra gli Stati, che non per questo perdono la loro sovranità.
Ogni decisione presa passerà quindi il vaglio delle autorità degli Stati membri. Le confederazioni risultano dunque essere una somma di Stati.
Le federazioni, al contrario, sono delle associazioni in cui gli Stati membri delegano ad un potere centrale le decisioni su importanti questioni comuni, rinunciando di fatto ad una fetta di sovranità.
L’esempio classico di stato federale è costituito dagli Stati Uniti, in cui questo sistema ha raggiunto il suo scopo: salvaguardare i particolarismi ma allo stesso tempo limitare l’azione arbitraria da parte dello Stato.
Ciò ha reso la potenza statunitense stremamente variegata e ricca di contraddizioni. Se in alcuni stati sono ancora presenti vistose negazioni di libertà civili a gruppi razziali, in altri stati, invece, le stesse minoranze ricevono protezione e tutela con leggi; infatti in uno stato federale il garante dell'unità, della democrazia, non è più lo Stato, bensì la Costituzione.
In Italia, dai tempi del Risorgimento, l’idea del federalismo appariva particolarmente allettante. Essendo l’idea di un Italia unita un progetto molto difficile da realizzare e da portare avanti, molti autori, consapevoli della molteplicità di culture, dialetti e tradizioni che diversificavano l'Italia, sino a suddividerla in tante parti, avevano ben pensato  di decentrare il potere statale, in modo da far sì che la già faticosa costituzione di una nuova nazione non gravasse troppo sulle spalle, sulle abitudini e sulla vita dei nuovi italiani.
Ma non andò così , oggi il dibattito si è riaperto, infatti il partito settentrionalista della Lega Nord ha rilanciato il federalismo, mietendo un sempre più forte consenso sociale nelle zone padane. I leghisti, rifiutano il centralismo nazionale sostenendo l’indipendenza della loro “Padania” e chiedendo vere e proprie riforme costituzionali, mettendo in discussione, più di una volta, il principio stesso di unità dello stato italiano.
Non dimentichiamo però, che attualmente, l'articolo 114 della Costituzione italiana, afferma:  “La Repubblica è costituita dai Comuni,dalle Province,dalle Città metropolitane,dalle Regioni e dallo Stato” .
Quindi è già un sistema basato su più livelli di governo, ciascuno dei quali è garantito sul piano costituzionale ed è dotato di propri statuti, poteri e funzioni.
E' di certo auspicabile, che ci sia una sempre maggiore autonomia, anche in termini di gestione delle risorse, secondo un principio di equità tra Nord e Sud.,responsabilizzando anche i cittadini verso una migliore e più responsabile gestione della “cosa pubblica".
Fonte: EXIT
periodico bimestrale della consulta provinciale degli studenti di Bari e BAT, pp.4-13.
a cura del Prof. Antonio d' Itollo
sintesi di Marianna Pinto

15 feb 2011

IL FEDERALISMO FISCALE

Si fa un gran parlare di federalismo fiscale, ma probabilmente ancora non è del tutto chiaro quali cambiamenti esso porterà ai cittadini e alle imprese che, certamente, sono i destinatari finali del provvedimento. 
Era l’aprile 2009 quando il Senato approvava al cosiddetta “bozza Calderoli” 
Il punto di riferimento da tenere presente per un’analisi degli effetti del provvedimento nelle “tasche” delle imprese, è il tema dell’opportunità di un incremento addizionale regionale IRPEF, una disposizione che potrebbe portare gli enti a incrementare la pressione sulle micro piccole e medie imprese.
Più in particolare l'incremento IRPEF sarà un diritto solo per quelle Regioni che ridurranno l'imposta IRAP  o addirittura la elimineranno. 
Da una parte, l’imposta sulle Attività Produttive è da tempo una delle tasse più contestate dalle imprese, essendo un dazio che si riferisce ai costi del  personale, agli oneri  finanziari, alle svalutazioni o alle perdite sui crediti, dunque non varia al variare della redditività dell’impresa stessa, causando così una distorsione che rischia di trascinare le imprese nel baratro. D’altra parte, tuttavia, il fatto che le regioni possano andare a quadruplicare la base addizionale dell’imposta sulle persone fisiche rischia di avere un effetto negativo soprattutto per le PMI. In altre parole, mentre l’IRAP certamente colpisce tutte le imprese ma varia in relazione alla loro grandezza, dunque è a livelli maggiori per le imprese più grandi, l’applicazione di un’addizionale IRPEF ha effetto principalmente per gli autonomi e le imprese di micro, piccole e medie dimensioni. 
L’IMU
Ad aumentare la pressione sulle imprese c’è inoltre e forse soprattutto la famigerata IMU (Imposta Municipale Unica). Si tratta di una tassa che, all’uscire dell’ICI, rientra in modo diverso, però maggiorata di qualche punto, al fine di compensare la cancellazione dell'IRPEF (e delle relative addizionali regionali e comunali) sui redditi fondiari.Tale provvedimento grava principalmente sulle PMI.
 "Vediamo intanto qualche breve esempio, per evidenziare quanto la nuova imposizione possa influire nel bilancio delle PMI:  un negozio in una zona di medio centro con una superficie di 50 mq, a fronte di una ICI di 858 euro si vedrebbe imporre un’IMU di 1.018 euro; per uno stabile ad uso ufficio che superi i 100 mq qualificato come immobile strumentale, l'ICI è di 595 euro, mentre l'IMU è di 707 euro. La variazione è poi ancora maggiore se la si applica alle strutture di media grandezza: un supermarket potrebbe dover passare da 17.227 euro di ICI a ben 20.458 euro di IMU, mentre un capannone di circa 500 mq in zona industriale da 12.174 euro di ICI passerebbe a 14.456 euro di IMU.
Veniamo alla riduzione dell’aliquota base dell’Imposta municipale (prevista fino a metà di quella ordinaria per imprese e lavoratori autonomi). Essa è lasciata alla scelta autonoma dei singoli Comuni. Ne deriva che i Comuni sceglieranno normalmente di applicare a imprese e lavoratori autonomi l'aliquota piena. Ecco dunque che gli esempi sopra menzionati acquisiscono molto più valore. Il risultato del passaggio ICI-IMU sarà con tutta probabilità dunque uno spostamento del carico fiscale dai proprietari di casa alle imprese.
Pare che L'IMU "provocherà" un aggravio della tassazione su questi immobili “Il risultato emerso da questa analisi ha confermato la grande preoccupazione sollevata in questi giorni da molti osservatori: ovvero, che lo scambio tra l'Ici e l'Imu non porterà nessun vantaggio alle imprese. Anzi, è molto probabile che dal 2014 molti imprenditori subiranno, nonostante il federalismo, un nuovo aumento delle tasse"
Fonte: "pmi-done il network online per le piccole medie imprese"
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12 feb 2011

San Valentino



San Valentino, detto anche san Valentino da Terni (Umbria) fu vescovo e martire cristiano, è venerato e considerato dalla Chiesa cattolica il patrono degli innamorati. Nato a Terni muore a Roma il 14 febbraio 273, torturato e decapitato a 97 anni per ordine dell'impertore Aureliano viene celebrato il 14 febbraio in tutto il mondo occidentale.
La citta di Terni dove si trovano le sue reliquie, invoca San Valentino come suo patrono, ma il Santoè anche il patrono di Vico del Gargnao dove si trovano altre sue reliquie del Santo(a causa del trafugamento delle sue spoglie ad opera dei suoi discepoli) e dove si festeggia il 14 febbraio con manifestazioni religione ed attività culturali.
Molti sono gli episodi legati  al Santo, si narra che prima della decapitazione ridiede la vista alla figlia del suo "carceriere", dopo averla abbracciata  la saluto con un messaggio d'addio che diceva "dal tuo Valentino....
Un'altra storia narra che un giorno, il Vescovo Valentino, vide due giovani litigare, andò loro incontro porgendogli una rosa ,invitandoli a tenerla unita nelle loro mani, i giovani se ne andarono riconciliati....

Nei paesi di cultura anglosassone,  il tratto più caratteristico della festa di San Valentino è lo scambio di valentine, ossia bigliettini d'amore spesso sagomati nella forma di cuori stilizzati o secondo altri temi tipici della rappresentazione popolare dell'amore romantico (come la colomba, l'immagine di Cupido con arco e frecce, e così via). A partire dal XIX secolo, questa tradizione ha favorito la produzione industriale e la commercializzazione su vasta scala di biglietti d'auguri dedicati a questa ricorrenza.
Oggi festeggimo la ricorrenza di San Valentino con colorati mazzi di fiori, scatole di cioccolatini, coccole e frasi romantiche nei riguardi del nostro partner; ma non dimentichiamo che dietro il business commerciale c'è una storia antica secoli, di un Santo che ha sofferto in prima persona per farci comprendere come il cristianesimo e l'amore per il prossimo siano superiori ad ogni altra ricchezza materiale!
                                                                         Buon San Valentino dal
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Verso una società della conoscenza

 L'Unione Europea si è prefissata un nuovo obiettivo strategico per il nuovo decennio: diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi  e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale, nel conteso di un'economia basata sulla conoscenza.
Il mondo è caratterizzato da rapidi mutamenti, da una crescente globalizzazione che porta ad una  maggiore complessità in termini di relazioni economiche e socioculturali ,conseguenti alle sfide presentate da una nuova economia basata sulla conoscenza. Questi cambiamenti interessano ogni aspetto della vita delle persone e richiedono una trasformazione radicale dell'economia europea.
Le nuove strutture economiche e le società sono basate sempre più sull'informazione e sulla conoscenza. Sia nel posto di lavoro che nelle abitazioni, il computer è ampiamente disponilbile e questa familiarità con  le tecnologie, dell'informazione e della comunicazone (TIC) ,costituisce un quadro nel quale pianificare il futuro dell'istruzione e della formazione.
Il passaggio a un'economia competitiva, dinamica e basata sulla conoscenza.
Il carattere mutevole della società e del mondo lavorativo, la complessità dell'organizzazione del lavoro, l'aumento dei compiti che i dipendenti devono svolgere, l'introduzione di schemi di lavoro flessibili e di metodi di lavoro in team fanno sì che che la gamma delle competenze utilizzate sul posto di lavoro venga ampliata costantemente. Le competenze personali (quali la capacità di adattamento, la tollerenza verso gli altri e verso le autorità, il lavoro in gruppo, la capacità di risolvere problemi e di prevedere rischi, l'indipendenza..) sono sempre più richieste nell'ambito lavorativo, affinchè sia possibile per gli individui ,vivere insieme nella tolleranza  e nel rispetto reciproco. La più importante di questa competenze è la capacità di apprendimento lungo tutto l'arco della vita, considerata da tutti gli stati membri,una delle sfide piu impegnative da raggiungere.
Le persone sono la principale risorsa dell'Europa e su di esse dovrebbero essere imperniate le politiche dell'Unione. Investire nelle persone e sviluppare uno stato sociale attivo e dinamico sarà essenziale per la politica dell'Europa nell'economia della conoscenza.
I sistemi europei di istruzione e formazione devono essere adeguati alle esigenze della società dei saperi e alla necessità di migliorare il livello e la qualità dell'occupazione; dovranno offrire possibilità di apprendimento e formazione adeguate alle diverse età della vita, a giovani, adulti disoccupati, persone soggette a rischio, affinche le loro conoscenze non siano rese obsolete dai rapidi cambiamenti.
Il passaggio a un'economia digitale, basata sulla conoscenza, metterà cosi a disposizione un potente motore per la  crescita, la competitività e l'occupazione e sarà in grado di migliorare la qualità della vita dei cittadini  e dell'ambiente.
In tal mondo le imprese e i cittadini devono accedere ad un'infrastruttura delle comunicazioni a livello mondiale poco costosa e un'ampia gamma di servizi.
Occorre che ogni cittadino possieda le competenze necessarie per vivere e lavorare in questa nuova società dell'informazione.
La cittadinanza attiva sara possibile grazie  al collegamento veloce a internet di un maggori numero di imprese e di privati cittadini.
Creare  un ambiente favorevole all'avviamento  e allo sviluppo di imprese, specilamente di PMI(Piccole Medie Imprese).
Il Consiglio Europeo chiede alla Commissione degli Stati Membri di  avviare lo sviluppo di una Europa imprenditoriale, innovativa e aperta a favore dell'impresa e dell'imprenditorialità. La competitività e il dinamismo delle imprese dipendono direttamente da un contesto normativo propizio all'investimento, all'innovazione e all'imprenditorialità. Ulteriori sforzi sono necessari per rimuovere l'onere burocratico inutile e gravoso  per le PMI. Le istituzioni europee, i governi nazionali e le autorità regionali e locali, devono continuare a prestare particolare attenzione alle nuove regolamentazioni proposte e ai relativi costi di applicazione, continuando il loro dialogo con le imprese e con i cittadini ,tenendo presente questo obiettivo. Un'azione del genere si impone anche per incoraggiare le interfacce  tra, le imprese e i mercati finanziari, la ricerca e lo sviluppo e gli istituti di formazione, i servizi di consulenza e i mercati tecnologici.
Gli Stati Membri  dovrebbero  focalizzare la loro attenzione sulle piccole imprese, che rappresentano il principale motore per la creazione di posti di lavoro in Europa, e rispondere specificamente alle loro esigenze.

Fonte: "Consiglio Europeo di Lisbona 23 e 24 marzo 2000, Conclusioni della Presidenza (pp.1-12) e
Consiglio delll'Unione Europea Bruxelles 14 febbraio 2001(pp.1-17) "
sintesi di Marianna Pinto
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3 feb 2011

La disoccupazione esiste perchè snobbiamo il lavoro manuale

Da tempo ormai si denuncia il dramma dell'occupazione in Italia. Milioni sono i disoccupati e quelli in cassa integrazione, quasi 30 giovani su 100 alla ricerca di un lavoro. a tutto ciò segue il problema del precariato, la difficoltà a conquistare un lavoro stabile e farsi una famiglia.
Tutto vero.
Da tempo ormai l'Italia è ferma e la crisi mondiale non ha fatto che aggravare i nostri problemi, primo tra tutti quello di un tasso di occupazione basso. 
Ancora alla fine del 2008 a crisi ampiamente iniziata le aziende lamentavano una drammatica mancanza di laureati, in particolare nei settori tecnico-scientifico: ingegneria, matematica, biologia, geologia chimica, farmacia, agraria. 
E' di pochi giorni fa la notizia che nei prossimi anni potremmo trovarci a dover importare medici dall'estero, come anestesisti, radiologi, pediatri, chirurgi;...
per dirla breve, è vero che i laureati non trovano lavoro , ma è anche vero che ci sono in giro troppi pochi lauraeti nei settori pregiati. I giovani preferiscono le lauree deboli, facili a bsso contenuto scientiifco, oppure si indirizzano in massa verso lauree erroneamente ritenute forti, come economia, giurisprudenza, psioclogia dove la promessa di grandi guadagni non è però compensata perchè i laureati, in tali settori,sono troppi rispetto ai posti disponibili. Non va meglio sul versante dell'istruzione professionlae; da  anni infatti le imprese lamentano la mancanza di pavimentatori, idraulici, elettricisti ma anche informatici, esperti di telecomunicazioni, infermieri, solo per fare degli esempi.... 
Gli istituti tecnici e professionali sono snobbati dalle familgie, che per i propri figli, e specialmente per le ragazze preferiscono un'istruzione di tipo liceale, anche se  spesso questa non si conclude ne con una laurea ne con l'acquisizione di un mestiere ben definito;
per non parlare di quello che accade nel caso dei lavori più umili, come nel caso del grafico poco considerato in un paese arretrato com e l'Italia, al contrario molto valorizzato nel resto del mondo.
A ben rifletterci e per concludere, il problema della disoccupazione in Italia ha due risvolti: la mancanza d una seria politica industriale ha fatto sì che i posto di lavoro altamente qualificati scarseggiassero e nello stesso tempo le scelte delle familgie, ostili al lavoro manuale, hanno finto per  illudere una intera generazione di giovani che non riesce a cogliere le molte occasioni che il mercarto ancora offre.
Fonte: Panorama,3 Febbario n.6, p.89.
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